Iron Maiden: una riflessione su “Senjutsu”
Il diciassettesimo album degli Iron Maiden, “Senjutsu“, arriva dopo ben 2 anni dalla sua registrazione in studio. Il risultato unisce (e divide) i fan in tutto il Mondo…
Il nuovo album degli Iron Maiden, “Senjutsu“, è uscito lo scorso 3 settembre 2021 a due anni dal suo completamento. Registrato a Parigi assieme all’oramai storico produttore Kevin “The Caveman” Shirley e posticipato causa Covid-19, “Senjutsu” è il diciassettesimo disco in studio della band.
Anticipato dai singoli “The Writing On The Wall” e “Stratego”, il lavoro si conferma come un naturale proseguimento degli ultimi 20 anni di Iron Maiden. Mi reputo un fan di vecchia data dei Maiden, sfegatato quanto spesso critico, un attentissimo ascoltatore. Da vero fan, tra tutte le mille sfaccettature che in questi anni hanno accompagnato le loro uscite, ciò che mi colpisce di più è sicuramente “l’impatto socio-traumatico” (se così possiamo liberamente definirlo) che queste hanno avuto – ed hanno tuttora -sulla fanbase dei Maiden.
Partiamo un pò dalle origini.
Chiusa la parentesi con il cantante Blaze Bayley, durata pochi anni (giusto il tempo di pubblicare “The X Factor” nel 1995 e “Virtual XI” nel 1998), gli Iron Maiden vedono ufficialmente il rientro del cantante Bruce Dickinson(assieme al chitarrista Adrian Smith) nel 2000, con la pubblicazione di “Brave New World”, primo capitolo in studio che comprende la formazione composta da 6 elementi: Bruce Dickinson alla voce, Steve Harris al basso, Nicko McBrain alla batteria e ben tre chitarre, Adrian Smith, Dave Murray e Janick Gers.
Rispetto agli esordi cambiano i suoni, cambiano i tempi, cambia il mood della band.
Prendo in esame una recente affermazione di Bruce: “…noi, come band, abbiamo bisogno di trovarci e suonare tutti assieme in una grande stanza, fare un sacco di rumore…”. Un gruppo che si diverte, quindi. Arrivati ad un punto della propria storia si può fare, e lo fanno tanti altri.
Se il progressive fa parte dei Maiden già da tanti anni (vedi alla voce “Powerslave” o “Somewhere In Time“, giusto per citarne un paio), con l’avvento degli anni ’00 questo diventa un vero e proprio marchio di fabbrica, divenendo sempre più presente con gli ultimi due album, “The Book of Souls” e, appunto, “Senjutsu”. Brani che sforano i 7 minuti, arrivando ai 10/12 se non ai 18 (“Empire Of The Clouds“), intro di 2/3 minuti, passaggi su passaggi, assoli su assoli. Ma tutto questo fa incazzare il fan oltranzista di vecchia data, quello che “i Maiden sono morti nel 1986”, quello che “oramai sono triti e ritriti”.
Ma no, non possiamo liquidare sempre tutto così.
Il gioco inevitabilmente si complica e non si possono accontentare tutti, ma l’importante è trovare le giuste (e plausibili) spiegazioni.
Gli Iron Maiden hanno tutti più di 60 anni, 40 di carriera, fanno casino, si divertono, non gli importa più di fare brani come “The Trooper” o “22 Acacia Avenue“, piuttosto si concentrano sul proseguimento di un – che ne so – “Alexander The Great“. Si divertono a suonare. Punto.
Dei sei album sfornati negli anni ’00 è fondamentale osservare che nessuno è uguale all’altro. Persino il mixaggio di Shirley viene costantemente criticato: troppo piatto, troppi bassi, poche chitarre. Può piacere o non piacere, ma questo fa parte di un processo artistico-creativo di una band che in tutti questi anni ha sempre fatto ciò che più gli è piaciuto. Ed anche qui bisogna mettere un punto.
“Senjutsu”, come i suoi predecessori, ha degli estremi punti di forza e qualche poco evitabile calo di tensione. Rispetto ad un “The Final Frontier“, in linea di massima poco ispirato su parecchi fronti, qui troviamo una netta varietà di stili e di rimandi che difficilmente scadono nella banalità. Bruce Dickinson risente un pò degli anni (e di un tumore avuto di recente, purtroppo), mentre le classiche cavalcate di Nicko cominciano piano piano a rallentare (nel 2022 compirà ehm…70 anni!) ma sì, questo è un ottimo album che si lascia ascoltare più e più volte. I testi, l’ambientazione, il nuovo “Samurai Eddie” ed il songwriting sono come sempre ai massimi livelli.
La tendenza a criticare una band senza esaminarne il contesto non è cosa recente, anzi. Oltre ai Maiden, anche Metallica e Megadeth (sempre per citarne due su un milione) sono praticamente da sempre soggetti alle critiche più disparate e meno costruttive. I Four Horsemen vengono dati per morti dal 1988, i Megadeth bah…da sempre? A che pro? Non ti piacciono i nuovi Metallica? Puoi ascoltare ad esempio gli Exodus. Non ti piace che gli Exodus si siano poco evoluti negli anni (stiamo parlando sempre in generale…)? Ascolta i Metallica. E’ sempre lo stesso discorso. O si contestualizza o non si contestualizza.
In conclusione “Senjutsu” è un album che mi è piaciuto, coi suoi pro e i suoi contro. I fan “di cuore” lo apprezzeranno e lo capiranno, i fan “vecchia scuola” lo disprezzeranno come gli ultimi dischi. C’è di base il divertimento, la buona musica. C’è un tour in arrivo nel 2022 e non è affatto data per scontata la realizzazione di un nuovo album in futuro.
Se “Senjutsu” fosse davvero l’ultimo album, cosa succederà in futuro? Gli Iron Maiden mancheranno a tutti, o forse no? Per ora possiamo solo, e per fortuna, immaginarlo.
UP THE IRONS!